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Oggetti smarriti
La fotografia di un oggetto non è l’oggetto, e del resto l’oggetto può non essere direttamente connesso con le idee che suscita in chi lo osserva. L’oggetto è solo un pretesto per dar luogo a nuovi pensieri e a nuove immagini, che possono farsi oggetti a loro volta. Una fotografia è allora un oggetto nuovo la cui forma e la cui bellezza dipendono solo in parte dalla forma e dalla bellezza dell’oggetto originario. Con la serie Oggetti smarriti ho cercato di sviluppare l’espressione possibile di tale mio ragionamento, e di stigmatizzarne l’essenza nel risultato visibile e tangibile di queste icone minimaliste di matrice oggettuale e di stile oggettivistico. Ho voluto trasformare, attraverso un’operazione di decontestualizzazione e di riscrittura, gli oggetti in fotografie e le fotografie in oggetti, senza tuttavia arrivare a colmare la distanza tra le due entità e le loro funzioni rispettive; anzi con la risoluta, preventiva, progettuale intenzione di porla in chiaro rilievo. È nello spazio ideale di questa distanza tra cosa e immagine che si colloca lo smarrimento. Smarrimento che è dell’oggetto-oggetto in quanto non più oggetto, e dell’oggetto-fotografia in quanto oggetto nuovo: fotografia che abbandona la sua vocazione di pura immagine per convertirsi in qualcosa d’altro. Sicché, a ben vedere, è proprio lo smarrimento – unico motivo conduttore nel disordine concettuale della rassegna seriale – che da velato e ritroso arriva di colpo, con insospettabile prepotenza, a candidarsi al ruolo di protagonista.
Carlo Gallerati
Oggetti smarriti
Carlo Gallerati (Roma, 1968) - Si dedica alla fotografia come mezzo di ricerca artistica dal 1985. Ha esposto in numerosi spazi espositivi italiani e stranieri, e ha ottenuto pretigiosi riconoscimenti. Ha fondato associazioni culturali; organizza mostre, corsi e seminari; scrive commenti e critiche.
Dal 4 aprile al 25 maggio settima edizione di FotoGrafia-Festival Internazionale di Roma promosso dal Comune di Roma, prodotto da Zoneattive, con la direzione artistica di Marco Delogu.